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Lavori aprile

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Lavori in apiario nel mese di Aprile 2010

Il mese di aprile ci rimette tutti in gioco, grandi e piccini. Essendo le api tutte uguali, con pari dignità, non fanno differenza fra un apicoltore che possiede migliaia di alveari e l’apicoltore che detiene due casette per la propria necessità famigliare. Lo sviluppo degli alveari dovremmo seguirlo tutti chi più chi meno.
A fine mese ci sarà il grande evento: la fioritura dell’acacia. Le famiglie all’interno degli alveari devono essere sviluppate e numerose, sicuramente dalle cinquantamila alle settantamila unità, senza metterle in condizione di sciamare. Partendo da questo presupposto dobbiamo ritornare indietro e vedere quale deve essere il nostro comportamento.
Sicuramente dopo un’invernata così fredda e lunga ci saranno famiglie che presentano diverse realtà in merito alla scorte avanzate dall’inverno: quelle che durante la stagione fredda le hanno consumate quasi tutte   avranno bisogno di essere aiutate con dei  telaini di miele, graffiando la cera di opercolo e mettendo nel fondo dell’alveare dei pezzi di cartone per non permetterne la caduta di miele nel vassoio sottostante. Non avendo a disposizione dei telaini di miele si potrà alimentare le api con dello sciroppo, composto da un chilogrammo di zucchero sciolto in ottocento grammi di acqua tiepida, si potrà scendere anche a seicento grammi, dipenderà da che tipo di concentrazione si vuole usare; non dimentichiamoci di mettere sempre i due grammi di cremor tartaro per chilogrammo di composto, importante per l’inversione del saccarosio, ossia per trasformare gli zuccheri composti in zuccheri semplici, facendo lavorare meno gli organi interni delle api per la  loro assimilazione rendendole più longeve.
Possiamo trovare famiglie forti e con molte scorte di miele: a queste non serve alimentazione di sostentamento ma servirà sicuramente dell’alimentazione stimolante per l’ovodeposizione della regina.
In questo caso useremo sempre dello sciroppo ma in concentrazione diversa, acqua e zucchero nella stessa percentuale con il relativo cremor tartaro: questa soluzione va versata nei nutritori preferibilmente alla sera in quantità tale che nella notte sia assorbita tutta dalle api; è consigliato darne poca che troppa  perché lo sciroppo che rimane nel nutritore, durante il giorno, induce le api a non uscire dall’arnia ma a continuare il lavoro di succhiare dagli abbeveratoi senza esplorare le fioriture esterne.
Le ancelle vedranno le bottinatrici salire e scendere dai nutritori, frenetiche ed eccitate per il bottino che trasportano e penseranno che fuori la stagione è molto avanzata.   Loro stesse si affretteranno ad alimentare la regina  con pappa reale e, sollecitando con le antenne il ventre della regina, daranno il segnale che è giunta l’ora di deporre uova in maniera continuativa.
Attenzione! Bisogna avere l’accortezza di non alimentare troppo, altrimenti inciteremo la famiglia alla sciamatura; io normalmente alimento le famiglie per i primi quindici giorni del mese, fornendo non più di due bicchieri di sciroppo ogni sera, osservando che lo assorbano tutto durante la notte, in caso contrario diminuisco la dose. 
Altra cosa importante saranno le visite alle famiglie: se nel mese di marzo le abbiamo visitate due volte in questo mese dovremo guardarle per tre o quattro volte, certamente un lavoro duro ma necessario se vogliamo produrre un po’ di miele (nella speranza che la stagione sia delle migliori, anche se l’apicoltore con il suo spirito positivo vede sempre delle prospettive rosee).
Durante le visite controlleremo sempre le malattie. Non vorrei essere pedante ma gradirei ricordare la peste americana, quella europea, la covata a sacco, la covata calcificata, i sintomi del nosema; questi ultimi sono più evidenti in primavera mentre durante la stagione produttiva sono meno palesi ma sempre latenti.  Naturalmente non dimenticheremo l’infestazione da varroa. Verifichiamo le scorte e la quantità della covata, ricordando che un telaino pieno  di larve produce tante api da avvolgere  tre  tealini da nido.
Contro la varroa potremo usare il tealino trappola:  introducendo un telaino da melario fra l’ultimo di covata e quello di scorte, daremo la possibilità alle api di costruire un favo sottostante con alveaoli esclusivamente da fuco. Operando in questo modo diamo alla famiglia diverse possibilità: una è quella di stimolare la produzione di cera facendo sviluppare le ghiandole ceripare che danno più potenzialità all’insetto; un’altra è quella che la   regina depone  una grande quantità di uova da maschio.

Sappiamo che la varroa predilige la covata maschile e che la maggior parte degli acari cercheranno di riprodursi proprio all’interno di queste celle; asportando il telaino quando le cellette sono opercolate potremmo eliminare anche le varroe contenute in esse.
Controlliamo lo spazio della camera di covata e solo se vediamo le api trasbordare fuori dai diaframmi aggiungiamo dei telaini lavorati alla fine della covata. Ricordiamo che quando uno di noi sta male si mette a letto sotto le coperte, al calduccio…….  anche le api nei momenti di difficoltà preferiscono stare strette perché si riscaldano con più facilità.
Se la stagione si presenta con temperature miti possiamo togliere i ripari e aprire un po’ le porticine; lasciamo pure volare le nostre api, sapranno loro ricercare fioriture che per noi sono quasi inesistenti.
Durante le visite di questo periodo sarà facile vedere la regina, ottimo momento per la sua marcatura e, volendo, per procedere al taglio dell’ala  longitudinalmente.
Impariamo a prepararci tutta l’attrezzatura necessaria per questi lavori prima di aprire l’alveare, altrimenti dovremo svolgerli in maniera frettolosa e sicuramente agitata, non ricavandone certamente delle soddisfazioni.
Le famiglie da questo momento in poi andranno valutate anche per la loro potenzialità: non possiamo avere alveari tanto deboli da non riuscire a svilupparsi e alveari molto forti che sicuramente andranno verso una fase di sciamatura. Ci sono molte tecniche apistiche per pareggiare le famiglie. Qualcuno preferisce spostare dei telaini di covata con le api che la coprono dalle famiglie forti a quelle deboli. Personalmente, per paura di spostare anche la regina assieme alla covata, preferisco scambiare di posizione le casette:  ne scelgo una forte, abbastanza distante da quella debole e le  inverto di posizione, possibilmente di pomeriggio. Le bottinatrici che usciranno da quella forte, dopo aver bottinato, rientreranno in quella debole che si troverà al vecchio posto, le api della famiglia debole accetteranno di buon grado le nuove bottinatrici perché oltre a portare nettare in abbondanza andranno a sviluppare con più fervore la famiglia. .
Nella seconda quindicina del mese dovremo eliminare tutte le celle reali che si trovano nei telaini, un lavoro molto duro per noi apicoltori: basta che ce ne sfugga una e tutto il nostro impegno sarà vanificato.  I melari andranno posti quando la famiglia è ben sviluppata e comincia a deporre cera sopra i telaini, fra telaini e coprifavo;  una volta si diceva:  le api stanno sbiancando i telai.
Controlleremo lo sviluppo del telaino trappola e se questo fosse opercolato potremmo estrarlo per asportare la covata da fuco.
Tutte queste operazioni e tutte le osservazioni di ogni singolo alveare andranno riportate nel diario dell’arnia: questo foglio o quaderno deve essere come la carta d’identità o, meglio ancora, come la cartella clinica di ognuno di noi; da questa possiamo ricostruire tutta la vita dell’alveare e capire il miglior   comportamento da assumere nelle situazioni difficili……  per quelle facili troveremo sempre qualcuno che ne sa più di noi.
Cominciamo in questo mese ad individuare quegli alveari docili e laboriosi con una regina prolifera che uscita, con poche api, da un inverno molto freddo e lungo ha saputo dare una ripresa primaverile alla famiglia portandola alla salita sul melario senza dare sintomi di sciamatura. Naturalmente questa famiglia sarà la più indicata per il prelievo delle larve per la riproduzione delle regine.
Molte volte ho discusso con amici apicoltori di come poter produrre delle regine senza che queste siano interessate dalle punture della varroa ancora all’interno della loro celletta, nascendo già inadatte per la loro attività di riproduttrici. Al ritorno, con degli amici, dalla manifestazione di Piacenza ad APIMELL si discuteva proprio di questo argomento quando uno di questi amici ha descritto come si comporta per la riproduzione di regine a livello famigliare: il primo bel sciame che prende lo mette in un’arnia con dei fogli ceri lavorati ma vuoti, tratta subito le api con dell’acido ossalico per abbattere quella varroa che si trova addosso alle api; dopo venti giorni verifica che i telaini siano completi di covata quasi nascente, asporta il telaino con la regina, e introduce le stecche con i cupolini  con le larve.
In questo modo è certo che la famiglia è sicuramente pulita dalla varroa,  che la covata nascente è sana e che per di più ha tutte api giovani in grado di produrre molta pappa reale per l’alimentazione delle nuove regine.
Mi sembra una buona tecnica, facile e semplice da seguire e da applicare, proveremo ad adottare anche questa, nella speranza che possa portare un po’ d’aiuto.
Un caloroso augurio di buon lavoro


Paolo Franchin ...